E così, con il suo carico di pietre, zoppicante per il dolore al calcagno, il poveretto arrivò fino a casa senza intoppi. Anzi, la fortuna fu tanto favorevole alla beffa, che, lungo il tragitto, nessuno gli rivolse la parola o lo salutò, anche perché pochissima era la gente in giro a quell’ora, visto che quasi tutti erano in casa a mangiare.
Calandrino, dunque, arrivato a casa, entrò, con il suo fardello di sassi e s’imbatté subito nella moglie, che si chiamava monna Tessa ed era una donna saggia e di bell’aspetto: «Alla buon’ora, fratello», lo salutò, «il diavolo ti ha portato a casa, finalmente! Tutti hanno già finito di mangiare e tu te ne arrivi a pranzo solo adesso!».
«Ohimè, dunque non sono più invisibile!», pensò Calandrino, sentendo queste parole, sicché tutto irritato e pieno di sdegno, si mise a gridare come un ossesso all’indirizzo della moglie: «Brutta stregaccia che non sei altro. Dovevi venirmi tra i piedi proprio ora, eh!, malafemmina. Tu mi hai rovinato. Ma adesso te la farò pagare io, aspetta e vedrai». E, scaricate le sue pietre in un angolo, tutto furioso e accecato dalla stizza, corse verso la moglie e la afferrò per le trecce. Quindi, gettatala a terra con violenza, cominciò a dargliele di santa ragione, a tempestarla di calci e pugni, a strapparle i capelli. La disgraziata gridava da far pietà, ma lui, cieco di collera, non la sentiva nemmeno e continuava a pestare a più non posso, urlandole: «Taci, donnaccia!», tanto che in breve la ridusse tutta un livido.
Intanto, Bruno e Buffalmacco, dopo aver riso ancora un po’ insieme alle guardie di quell’asino sciocco di Calandrino, si avviarono lentamente verso la città e, arrivati davanti a casa sua, sentirono le urla della moglie e un rumore di schiaffi e pugni: «Ehi, Calandrino, che cosa succede?», gridarono facendo finta di essere appena arrivati. Lui, tutto paonazzo in volto, sudato e scarmigliato, si affacciò alla finestra: «Venite su, compagni!», disse e quelli salirono, fingendosi molto adirati. In casa c’era uno spettacolo infernale: la stanza era tutta ingombra di pietre; monna Tessa, arruffata, stracciata, nera di lividi e piangente, giaceva riversa a terra in un angolo, mentre in un altro sedeva Calandrino, con i vestiti in disordine e tutto ansimante per la fatica.