Martellino, il protagonista di questa novella, finge di essere paralitico e di guarire per miracolo davanti al corpo esposto di sant’Arrigo. Ma poi, scoperto l’inganno, si salva a stento dal linciaggio della folla e, catturato dalle guardie, dopo aver rischiato di finire impiccato come ladro, alla fine, fortunatamente, riesce a scampare. La novella contiene due messaggi importanti: da una parte, la polemica contro una certa credulità popolare, incline a vedere dappertutto miracoli e fatti soprannaturali; dall’altra, la critica contro l’atteggiamento opposto di chi, come Martellino e compagni, non si ferma di fronte a nulla e arriva addirittura a prendersi gioco di una cosa seria come la religione. Nell’universo di Boccaccio, le burle e gli scherzi sono sempre leciti e ben accetti, dunque, ma non quando si tratta di cose sacre, perché scherzare su questi argomenti può essere, qualche volta, come dimostra il caso di Martellino, alquanto pericoloso.
Molte volte, mie care amiche1, succede che chi vuol farsi beffe degli altri, specie in quelle cose su cui non si dovrebbe mai scherzare, come la religione, finisce, a sua volta, col danno e con le beffe. Ascoltate adesso quello che accadde a un nostro concittadino. Viveva non moltissimo tempo fa a Treviso un tale, di nome Arrigo; un pover’uomo, che per campare doveva svolgere lavori umilissimi e pesanti, ma così buono e religioso, che tutti lo rispettavano e gli volevano bene.
1 mie care amiche: come al solito, prima di iniziare il racconto, il narratore (in questo caso, la narratrice, Neifile), si rivolge, con una formula di cortesia, al suo pubblico, privilegiando, per cavalleria, l’uditorio femminile.