Anche costoro si avvicinarono alla tomba e, dopo aver forzato il coperchio, lo sollevarono: «Di che avete paura, brutti cretini?», diceva ai suoi compari un prete, che doveva essere sicuramente il capobanda, «credete voi che il cadavere vi mangi? I morti non mangiano gli uomini, e ad ogni modo, se non ve la sentite, scenderò io nella tomba». Così dicendo, appoggiò il petto sul bordo del sepolcro e mise le gambe all’interno, per potersi calare giù.
Andreuccio, vedendo questo, gli afferrò, svelto, una gamba e cominciò a tirargliela. E, mentre lui tirava, il prete gridava: «Aiuto, aiuto!» finché, quando Dio volle, riuscì a liberarsi e se la svignò con gli altri, a rotta di collo, lasciando la tomba scoperchiata.
Era il momento buono: Andreuccio balzò fuori, si mise le gambe in spalla, e via! più veloce di un fulmine, corse come un forsennato giù per la strada verso il porto, e poi, quasi senza accorgersene, si ritrovò finalmente davanti all’albergo, dove l’oste e i suoi compagni mercanti erano stati tutta la notte in pena per lui. Andreuccio, ripreso fiato, raccontò loro in breve le sue vicissitudini, poi, su consiglio dell’oste, fece armi e bagagli, e se ne tornò in fretta e furia a Perugia, portando con sé un rubino al posto dei cavalli che avrebbe dovuto comprare.