Una coppia sfortunata: Simona e Pasquino

(dal racconto di Emilia)

Anche questa novella, narrata da Emilia, racconta la storia di una coppia di giovani innamorati sfortunati. Lei, Simona, è una ragazza di umili origini che si mantiene facendo la filatrice; lui, Pasquino, è un giovane garzone di bottega. Tra loro non c’è disparità sociale, perché entrambi sono poveri e devono lavorare per vivere. La tragedia, che porterà alla fine precoce del loro amore, non scoppia per l’opposizione dei familiari, come nel caso di Lisabetta, ma per un motivo assai più futile: Pasquino muore avvelenato da una foglia di salvia e Simona lo segue, poco dopo, per lo stesso motivo, mentre cerca di dimostrare al giudice, che la accusa di aver avvelenato Pasquino, la sua innocenza. L’amore sventurato è quindi il tema della novella, ma accanto ad esso ce n’è un altro, non meno importante, che conferma la concezione «aperta» di Boccaccio, e cioè l’idea, innovativa per l’epoca, che l’amore vero non nasca solo nei cuori eletti delle persone nobili e altolocate, ma anche in quelli dei poveri, di coloro che, come Pasquino e Simona, devono lavorare per sopravvivere.

A Firenze, non molto tempo fa, viveva una ragazza, graziosa, onesta e di buone maniere, anche se nata in una famiglia umile, che si chiamava Simona. Ora, costei era tanto povera che, per sopravvivere, doveva lavorare e guadagnarsi il pane filando la lana.
Proprio così, Simona faceva la filatrice, ma la sua povertà, naturalmente, non le impediva di avere un cuore e di provare gli stessi sentimenti delle persone nobili e raffinate.