La ragazza, vedendosi la morte in faccia, fu lì lì per gridare, ma si trattenne in tempo, per fortuna. Intanto, i banditi cominciarono ad arrostire capretti, agnelli ed altre loro prede che avevano portato con sé. Mangiavano, bevevano e schiamazzavano come tanti diavoli scatenati, finché quand’ebbero finito di fare i loro comodi, se ne andarono portandosi via il ronzino della ragazza. Agnolella, quando si accorse della loro partenza, tirò un sospiro di sollievo. «Finalmente!», e piano piano uscì fuori dal suo nascondiglio e rientrò nella casetta.
«Dovi ti eri cacciata, figliola? Sai che stavamo in pena per te!»,
la salutò il vecchietto appena la vide. «Comunque, visto che ormai è giorno, se ti va, potremmo accompagnarti al castello».
«Un castello?», chiese Agnolella.
«Sì,è il castello di un signorone,uno della famiglia Orsini, Liello di Campo di fiore. Lì sarai al sicuro e potrai stare tranquilla». Agnolella acconsentì volentieri a farsi accompagnare dai due vecchietti e così partirono tutti e tre, di buon mattino, alla volta del castello.
In casa, Liello non c’era, ma in compenso c’era sua moglie, una donna affabile e di buon cuore. Agnolella le raccontò tutta la storia, di com’erano fuggiti da Roma, lei e Pietro, diretti ad Anagni e di come fossero stati aggrediti lungo la strada dai briganti: «Io sono riuscita a sfuggire per un pelo, ma Pietro no! Ho visto i briganti che lo circondavano, poi sono scappata nel bosco e mi sono persa. E adesso lui, chissà che fine ha fatto? Forse quei criminali lo avranno assassinato, povero amore mio» e, così dicendo, piangeva come una fontana.
«Su, figliola, non piangere», la consolava la donna dolcemente, «Pietro è un ragazzo coraggioso, e io sono sicura che è riuscito a farla franca, in barba ai briganti. E magari, adesso, chissà, ti sta cercando anche lui da qualche parte. Ma a tutto c’è rimedio, vedrai. L’importante è che tu adesso sia sana e salva, al resto provvederà Dio».