I CARNEFICI Per una razione di pane riuscii a cambiare di posto con un detenuto di quel blocco. Nel pomeriggio arrivò il dottore e io andai subito a dirgli che mio adre era molto malato. «Portalo qui! Gli spiegai che non poteva tenersi sulle gambe, ma il medico non voleva sentir ragione. Alla meno peggio riuscii a portargli mio padre. Lo fissò, poi l interrogò seccamente: «Che vuoi? «Mio padre è malato , risposi io al suo posto «Dissenteria . «Dissenteria? Non mi riguarda, io sono un chirurgo. Andate! Fate posto agli altri! Le mie proteste non servirono a nulla. «Non ne posso più, figliolo Riportami nel mio recinto Ce lo riportai e l aiutai a stendersi. Aveva i brividi. «Cerca di dormire un po , papà. Cerca di addormentarti Respirava a fatica, pesantemente. Teneva gli occhi chiusi, ma ero convinto che vedesse tutto, che vedesse, adesso, la verità di ogni cosa. Un altro dottore arrivò nel blocco, ma mio padre non volle più alzarsi: sapeva che era inutile. Questo medico non veniva peraltro che per finire i malati. Lo sentii gridare che erano dei poltroni, che volevano soltanto restare a letto Pensai di saltargli al collo, di strozzarlo, ma non ne avevo più né il coraggio né la forza: ero inchiodato all agonia di mio padre. Le mani mi facevano male da quanto mi prudevano: strozzare il dottore e gli altri! Incendiare il mondo! Assassini di mio padre! Ma il grido mi restava in gola. Tornando dalla distribuzione del pane trovai mio padre che piangeva come un bambino: «Figliolo, mi picchiano! «Chi? Credevo che delirasse. «Lui, il francese E il polacco Mi hanno picchiato Una ferita di più nel cuore, un odio supplementare, una ragione in meno per vivere. 140