I CARNEFICI Lo ascoltai senza interromperlo. Aveva ragione, pensavo nell intimo di me stesso, senza che osassi confessarmelo. Troppo tardi per salvare il tuo vecchio padre, mi dicevo. Potresti avere due razioni di pane, due razioni di zuppa Una frazione di secondo solamente, ma mi sentii colpevole. Corsi a cercare un po di zuppa e la diedi a mio padre, ma a lui non andava molto: non desiderava che dell acqua. «Non bere acqua, mangia un po di zuppa «Mi sto consumando Perché sei così cattivo con me, figliolo? Un po d acqua Gli portai l acqua. Poi lasciai il blocco per l appello. Ma tornai sui miei passi e mi stesi sulla cuccetta sopra alla sua: i malati potevano restare nel blocco. Mi sarei dato per malato, visto che non volevo abbandonare mio padre. Tutto intorno regnava adesso il silenzio, turbato soltanto dai gemiti. Davanti al blocco le SS davano ordini. Un ufficiale passò davanti ai letti. Mio padre implorava: «Figliolo, dell acqua Mi sto consumando Le mie viscere «Silenzio, laggiù! urlò l ufficiale. «Eliezer , continuava mio padre «dell acqua L ufficiale gli si avvicinò e gli gridò di tacere, ma mio padre non lo sentiva e continuava a chiamarmi. Allora l ufficiale gli dette una violenta manganellata sulla testa. Io non mi mossi. Temevo, il mio corpo temeva a sua volta un colpo. Mio padre emise ancora un rantolo, e fu il mio nome: «Eliezer . Lo vedevo ancora respirare, a scatti. Non mi mossi. Quando scesi dalla mia cuccetta, dopo l appello, potei vedere ancora le sue labbra mormorare qualcosa in un tremito. Chinato sopra di lui restai più di un ora a guardarlo, a imprimere in me il suo volto insanguinato, la sua testa fracassata. Poi dovetti coricarmi. Mi arrampicai di nuovo nella mia cuccetta, sopra mio padre, che viveva ancora. Era il 28 gennaio 1945. Mi svegliai il 29 gennaio all alba. Al posto di mio padre giaceva un altro malato. Dovevano averlo preso prima dell alba per portarlo al crematorio. Forse respirava ancora 142