I CARNEFICI Shmuel indicò i piedi di Bruno, che indossava ancora gli stivali pesanti con cui era venuto. «Dovrai lasciare anche quelli , disse. Bruno lo fissò sgomento. «Ma il fango? disse. «Non puoi pretendere che giri a piedi nudi . «Altrimenti ti riconosceranno , disse Shmuel. «Non hai altra scelta . Bruno sospirò, ma sapeva che l amico aveva ragione, così si sfilò gli stivali e i calzini e li lasciò accanto alla pila dei vestiti per terra. All inizio provò una sensazione orribile al contatto del fango; affondò fino alle caviglie e ogni volta che sollevava un piede era peggio. Ma poi cominciò a provarci gusto. Shmuel, si chinò per sollevare la rete. Si poteva sollevare solo di poco, e Bruno fu costretto a rotolare sotto, imbrattando tutto il pigiama a righe. Si rialzò e rise guardandosi. Non era mai stato tanto sporco in vita sua, ma si sentì benissimo. Anche Shmuel sorrise, e i due rimasero per un momento uno di fronte all altro, incerti. Non erano abituati a stare dalla stessa parte della rete. Bruno sentì l impulso di abbracciare Shmuel, così, per fargli sapere quanto gli voleva bene e come gli era piaciuto parlare con lui per tutti quei mesi. Anche Shmuel sentì l impulso di abbracciare Bruno, così, per ringraziarlo della sua gentilezza, del cibo che gli aveva portato e perché lo avrebbe aiutato a ritrovare il suo papà. Nessuno dei due però abbracciò l altro, cominciarono invece ad allontanarsi dalla rete camminando verso il campo, un tragitto che Shmuel aveva percorso quasi ogni giorno, nell ultimo anno. Dal giorno in cui era riuscito a sfuggire alla sorveglianza dei soldati e a raggiungere quell angolo di Auscit10 che nessuno sembrava controllare. Un angolo in cui era stato tanto fortunato da incontrare un amico come Bruno. Non ci volle molto a raggiungere la loro meta. Bruno spa10 Auscit: così il bambino pronuncia il difficile nome di Auschwitz. 162