Memoria e riflessione Su un punto tutti i superstiti dei Lager concordano: quell esperienza non può essere dimenticata, anzi ritorna continuamente nei loro pensieri come un ossessione, si insinua nei loro sonni come un incubo incancellabile. Quel tempo non può mai dirsi davvero superato perché ha rivelato aspetti della natura umana che nessuno, fino ad allora, aveva mai sospettato potessero esistere. Si spiega così il fatto che molti di quei reduci abbiano successivamente dedicato la loro vita a parlare, a informare, a far conoscere la verità attraverso libri, interviste, conferenze, incontri con gli studenti. Si spiega anche così, purtroppo, che alcuni di loro non abbiano saputo reggere quel peso tremendo e, talora a distanza di anni, abbiano posto termine alla propria esistenza con il suicidio, come accadde fra gli altri a Primo Levi e Jean Amery, due fra le voci più limpide e intense levatesi a testimoniare quegli eventi. Quello della memoria è dunque un tema centrale, che non si esaurirà fino a quando un solo sopravvissuto al Lager sarà in vita. Ma ricordare è un esercizio che a lungo andare diviene sterile se non è accompagnato dalla riflessione, dal tentativo di comprendere quali ragioni storiche, culturali, sociali, politiche, economiche e militari abbiano portato al verificarsi di un fenomeno che non ha uguali nella storia. Una bellissima poesia di Primo Levi rivolge ai lettori, non a caso, un monito accorato: «Meditate che questo è stato . E la meditazione è tanto più necessaria quando si consideri che Auschwitz, la cattedrale dell orrore, è sorta nel cuore dell Europa, un continente ricco di storia e di civiltà. A costruirla fu una tribù selvaggia , come dice lo storico Alberto Njrenstajn, che aggiunge: «Questa tribù selvaggia non era composta dai leggendari mongoli , o dagli unni delle lontane steppe asiatiche dei tempi antichi e nemmeno da strambi e incomprensibili extraterrestri arrivati da un pianeta lontano: era un corpo statale, scelto e selezionato, della nazione che per tutto il Settecento e l Ottocento aveva ispirato la cultura europea e che ora dava a quella tribù la piena copertura morale e materiale per compiere questo incredibile scempio . Le parole di Njrenstajn introducono dunque direttamente il tema delle responsabilità, tanto individuali che collettive. Le prime, ovviamente, sono più facili da individuare. Il processo tenutosi a Norimberga e quelli celebrati successivamente a carico degli ufficiali e dei gerarchi nazisti, pur condotti su un numero esiguo di imputati, misero in luce in maniera inoppugnabile le colpe di cui essi, per la maggior parte, si erano macchiati. La documentazione prodotta dai pubblici ministeri era impressionante e comprendeva materiale fotografico, documenti scritti (talora di pugno degli imputati stessi) 200