In vIaggIo verso Il lager (a cura di Carlo saletti) Uno dei momenti più dolorosi della deportazione fu il viaggio verso il Lager, compiuto generalmente su carri bestiame piombati e stipati all inverosimile, dove i prigionieri soffrivano la fame e la sete, e dove perfino soddisfare i bisogni fisiologici era un impresa difficile. In rarissime occasioni, come nel caso qui descritto, le ferrovie tedesche misero a disposizione normali carrozze passeggeri, attraverso i cui finestrini i deportati potevano scorgere il paesaggio. La vista di luoghi noti o sconosciuti poteva indurre in loro pensieri contrastanti, ora di malinconica nostalgia, ora di insostenibile incertezza, ora di cupa disperazione. Il brano qui riportato si differenzia da altre testimonianze simili perché non si sofferma sui disagi fisici dei protagonisti, ma ne analizza i pensieri e i sentimenti con poetica commozione. Va ricordato che il testo giunto miracolosamente a noi fu scritto nel campo di concentramento di Auschwitz, probabilmente nella primavera del 1944, da Salmen Gradowski, che in quel campo lasciò la propria vita. Nativo di Grodno, in Bielorussia, Salmen Gradowski fu deportato ad Auschwitz in quanto ebreo. Al suo arrivo nel Lager, fu assegnato al Sonderkommando, ossia alla squadra di prigionieri a cui veniva affidato il tremendo compito di trasportare nei forni crematori le vittime delle camere a gas. Gli addetti a questa mansione sapevano bene che i nazisti li avrebbero presto uccisi per impedire che qualcuno conservasse la memoria di ciò che avveniva in quel luogo, e non si facevano alcuna illusione sul loro destino. Gradowski volle tuttavia testimoniare le atrocità a cui assisteva e per questo riuscì tra mille difficoltà a tenere un diario segreto che fu poi sotterrato e ritrovato dopo la liberazione. Da: La voce dei sommersi (a cura di Carlo Saletti), Venezia, Marsilio, 1996. 35