Jean Améry IntellettuAle Ad AuschwItz Il campo di concentramento è sotto ogni punto di vista un mondo rovesciato, in cui ciò che è negativo appare positivo e viceversa. Di questa situazione fanno le spese anche gli intellettuali, rispettati nella società civile per la loro cultura e la loro intelligenza, disprezzati nel Lager perché ritenuti inutili e incapaci. Al di là del disprezzo dei rozzi carcerieri, la situazione in cui essi vengono a trovarsi è oggettivamente difficile perché non sanno svolgere mansioni tecniche o artigianali, e perciò vengono loro affidati compiti di manovalanza assai duri, che in breve tempo ne piegano la resistenza. Ma è, in generale, il clima di violenza e di sopraffazione che regna in questo universo a fare di loro delle vittime predestinate, incapaci di opporsi fisicamente alle prepotenze dei compagni e incapaci al tempo stesso di instaurare rapporti servili con i Kapò per attirarsi la loro benevolenza. Perfino il loro linguaggio, raffinato ed elegante, diventa causa di isolamento e rende difficili le comunicazioni con gli altri. Jean Améry (Vienna, 1912 - Salisburgo, 1978), è lo pseudonimo assunto da Hans Mayer, scrittore austriaco. Di famiglia ebrea, dopo l annessione dell Austria alla Germania nazista, emigrò in Belgio, dove entrò a far parte del movimento di resistenza contro gli invasori tedeschi. Arrestato nel 1943, fu torturato e poi deportato ad Auschwitz; trasferito successivamente a Buchenwald e a Bergen-Belsen, fu liberato dall'esercito britannico nell'aprile 1945. Dopo la guerra si trasferì a Bruxelles, dove si dedicò alla professione di scrittore e collaborò con radio e televisione. Morì suicida a Salisburgo, nel 1978. La sue opere più importanti sono Intellettuale ad Auschwitz (1987), Rivolta e rassegnazione (1988), Levar la mano su di sé (1990), Charles Bovary medico di campagna (1992). Da: Jean Amery, Intellettuale ad Auschwitz, Torino, Bollati Boringhieri, 1987, trad. E. Ganni. 63