Una mattina, Rustichello, mentre riprende in mano le sue carte e prepara la penna e l’inchiostro, è colpito all’improvviso da un’idea. Guarda quello che è ormai diventato il suo più grande amico e gli domanda:
«Fin qui, mi hai raccontato di viaggi meravigliosi, di luoghi straordinari, di personaggi splendidi. Ma di te hai detto pochissimo: che cosa hai fatto? Come sei stato accolto? Come trascorrevi le giornate? Voglio che nel libro ci sia anche la tua vita, capisci? Le geografia, sì, è una bella cosa, ma l’aspetto umano, quello è ciò che emoziona la gente che legge!»
Marco annuisce, sorridendo. Se l’aspettava: gli scrittori, alla fine, finiscono sempre lì, sui personaggi più che sui luoghi. Ebbene, adesso parlerà un poco di sé:
«Ho scoperto già durante il viaggio che mi riusciva molto facile imparare le lingue straniere. Non so: credo che sia una dote che si ha o non si ha, come molte altre, del resto. Di sicuro, ognuno di noi ha una sua dote particolare: si tratta di scoprirla e di saperla sviluppare. Questo non significa che farlo non costi fatica.
Tutto richiede sacrificio, attenzione, sforzo. Così, per me imparare le lingue era faticoso ma, allo stesso tempo, mi veniva naturale: dopo poco tempo trascorso alla corte del Gran Khan, sapevo già parlare, leggere e scrivere in quattro lingue diverse, oltre naturalmente alla mia e al francese1.
1 francese: questa lingua era, nel Duecento, comunemente parlata nell’Italia settentrionale da chiunque avesse una certa cultura.