L’Oriente favoloso e la sua progressiva scoperta
La famiglia Polo, e Marco in particolare, non sono stati gli unici esploratori del XIII secolo. Già prima di loro l’Oriente aveva incominciato ad aprire le sue porte a qualche tentativo di penetrazione da parte degli europei. Una difficoltà non trascurabile era però costituita dalla disponibilità di carte geografiche attendibili.
All’inizio del XIII secolo, iniziarono a diffondersi in Europa notizie in base alle quali i mongoli, dopo aver sottomesso gran parte dell’Asia grazie a una sete di conquiste e a una ferocia nel combattimento senza pari, si erano tranquillizzati e avevano iniziato a governare saggiamente i loro domini. Ciò, da una parte diminuiva il terrore di vederli comparire anche nei nostri Paesi e dall’altra spingeva la Chiesa a tentare di convertire al cristianesimo quel popolo fiero e portare la religione di Gesù anche a tutti quelli che i mongoli avevano sottomesso.
Così, nel 1245 e cioè una quindicina di anni prima che Niccolò e Matteo Polo partissero per il loro primo viaggio, papa Innocenzo IV inviò in Asia due frati francescani, Giovanni da Pian del Carpine e Benedetto di Polonia. Passando per la sponda settentrionale del Mar Nero, attraversando il Volga prima che si getti nel Caspio, proseguendo fino al Mar di Aral e poi lungo i deserti dell’Asia centrale, i due missionari arrivarono nel luglio del 1246 a Urga, città dov’era la residenza estiva di Cujuc, nipote del grande Gengiz Khan e proprio in quei giorni incoronato imperatore dei mongoli. Giovanni e Benedetto restarono quattro mesi presso la corte e quindi, seguendo a ritroso l’itinerario dell’andata, ritornarono in Francia, dove si trovava il papa, nell’estate del 1247.
La missione religiosa ebbe scarsi risultati: Cujuc invitava infatti il papa a recarsi da lui e a sottomettersi alla sua volontà, come avevano fatto tutti coloro che erano entrati in contatto con i mongoli. Ma il viaggio di Giovanni da Pian del Carpine e di Benedetto di Polonia ebbe il grande merito di dimostrare che era possibile viaggiare fino a quelle terre lontane e tornarne vivi.
Anzi, Giovanni scrisse in latino un libro, Storia dei Mongoli, in cui forniva le prime indicazioni note in Europa sulle popolazioni e sulle regioni di quel continente sterminato. Una strada era tracciata: altri religiosi e, poi, i mercanti avevano indicazioni precise su cui basare i loro itinerari.