Da Marco a noi
Il Milione restò per lungo tempo uno dei testi di riferimento per chiunque avesse intenzione di dedicarsi all’esplorazione del mondo. Ne volle una copia Enrico il Navigatore, principe ereditario del trono del Portogallo, quando, nel Quattrocento, incominciò a finanziare le spedizioni di navi del suo Paese lungo le coste atlantiche dell’Africa. Sulle carte del Millequattrocento, che finalmente incominciavano ad avere una fisionomia più vicina alla realtà, i nomi di Catai (Cina settentrionale), Mangi (Cina meridionale), Cipangu (Giappone) compaiono proprio citando i nomi contenuti ne Il Milione.
Un’altra copia del libro, in latino, era di proprietà di Cristoforo Colombo: essa è ancora oggi conservata in una biblioteca di Siviglia, in Spagna, e si possono tuttora leggere le annotazioni del grande navigatore il quale si mostra particolarmente interessato agli accenni di Marco Polo alla ricchezza delle terre visitate. È noto, infatti, che Colombo, navigando verso Ovest, sperava di raggiungere il Giappone e la Cina, e commerciare i ricchi prodotti di quelle regioni.
L’opera di Polo conobbe progressivamente traduzioni in tutte le principali lingue. Se oggi, in epoca di satelliti e di globalizzazione, si legge Il Milione più come un racconto di avventure che come un testo scientifico, ciò non toglie nulla al ruolo importantissimo che ha svolto nella storia del progresso della conoscenza umana.