«Già…» Marco annuisce mestamente. «Quelli sulle navi ritornarono dal Gran Khan, mentre per i trentamila le cose diventavano drammatiche, abbandonati su un’isola che nessuno sapeva dove fosse esattamente, senz’armi e senza cibo! Ma c’era di peggio: il signore di Cipangu, dopo aver festeggiato con i suoi lo scampato pericolo, pensò che avrebbe potuto catturare facilmente quei disgraziati, incapaci persino di difendersi perché, come ho detto,
non avevano armi con loro. Mandò dunque il suo esercito sull’isola: i soldati scesero a terra e si disposero a fare prigionieri quegli uomini inermi. I tartari, però, sono pieni di risorse: videro che le navi erano abbandonate e allora incominciarono a fuggire seguendo la costa. Gli altri li inseguirono e, così facendo, compirono l’intero giro dell’isola: i tartari arrivarono così dov’erano ormeggiate le navi nemiche, vi salirono sopra e presero il largo, lasciando l’esercito di Cipangu prigioniero al posto loro».
«Che beffa!» e Rustichello ride di gusto.
Marco annuisce alla svelta, ansioso di andare avanti e di dimenticare quel racconto imbarazzante:
«Non si accontentarono di questo: sapendo di non poter trovare resistenza, sbarcarono su Cipangu e si avvicinarono alla città capitale tenendo bene in vista le bandiere nemiche che avevano trovato sulle navi. Gli abitanti, pensando ovviamente che fossero i loro soldati che tornavano vittoriosi, aprirono subito le porte e si prepararono a festeggiarli. Ma, al loro posto, si ritrovarono i tartari in casa: questi non avevano altri avversari che qualche vecchio e qualche ragazzo, e non fecero fatica a cacciarli, trattenendo soltanto le belle ragazze».
«Quindi, alla fine, il Gran Khan governa anche Cipangu…»
«No, no, non è così semplice: l’esercito di Cipangu tornò in patria con altre navi e, saputo ciò che era successo, mise l’assedio alla capitale. Per sette mesi i tartari resistettero e cercarono in tutti i modi di avvertire il Gran Khan della situazione. A Cambaluc, però, i due generali, ritornati senza esercito e interrogati fin nel loro cuore dallo sguardo penetrante di Kublai, avevano raccontato di aver abbandonato le loro truppe su un isolotto prossimo a Cipangu e che, a quell’ora, dovevano essere tutte morte. Furono condannati alla pena capitale, per tradimento, e il Gran Khan rinunciò al progetto di occupare anche quella grande isola.