Questi bramani prendono in cambio la ventesima parte del valore delle perle ma incantano i pesci soltanto di giorno, lasciandoli liberi la notte. Del resto, anche il re riscuote le sue tasse e i mercanti devono pagargli la decima parte di ciò che ricavano».
«Sempre pagare!», brontola Rustichello.
«Sempre brontolare!», gli fa il verso Marco. «Dunque, quando i pesci sono stati incantati e se ne stanno buoni, i pescatori si tuffano e incominciano a raggiungere, trattenendo il fiato, il fondo del mare. Qui trovano le ostriche che cercano: ne strappano via quante più possono e le mettono in un sacchetto di rete che tengono ben legato ai fianchi. Risalgono a riprendere aria e intanto svuotano il sacchetto. Vanno avanti così per tutto il giorno. Trasportate sulla nave, le ostriche vengono aperte con un coltello e si trovano le perle in mezzo alla loro carne: possono essere piccole, grosse, più chiare o più scure e il loro valore varia a seconda di queste caratteristiche. Ma tutti ne ricavano un grande guadagno perché le perle sono molto richieste ovunque e quelle pescate lì vanno in ogni parte del mondo».
«Sì,ne ho vista qualcuna anch’io,in mano a dei mercanti pisani».
«La quantità che arriva da noi non è che una minima parte di quelle prodotte in India. La verità è che i sovrani di quel Paese proibiscono di portare fuori dai loro territori le perle più grandi, che vogliono per sé».
«La solita storia!», protesta Rustichello, sempre pronto a dare addosso a chi è troppo rapace.
«Ma no, ma no», lo rassicura questa volta Marco. «Guarda che ti sbagli: il re paga il doppio del suo valore a chiunque gli porti una perla davvero bella e in questo modo sono contenti sia il venditore che l’acquirente, uno perché ha fatto un ottimo affare, l’altro perché, anno dopo anno, generazione dopo generazione, si accumulano nei suoi forzieri migliaia di perle preziosissime».
«È ben strambo uno che paga il doppio del prezzo. Non va a finire in miseria?»
Marco ride:
«Questo sovrano è talmente ricco che direi non corra proprio il rischio di rovinarsi! Però, strambo è strambo. Non tanto perché ha cinquecento mogli e cinquecento concubine…»