La luce è ritornata nella cella, scendendo dalla finestra che sta in alto. Già prima dell’alba si sono sentiti i gabbiani che schiamazzavano mentre in gruppi si avviavano verso il mare dai loro rifugi notturni. I topi e gli scarafaggi, che con il buio hanno spadroneggiato sul pavimento e sui muri della prigione, si sono ritirati nelle loro tane perché adesso gli uomini prigionieri hanno incominciato a muoversi, a stiracchiarsi, a schiarirsi la gola. Qualcuno si alza in piedi, mette le mani aperte sulla schiena dolorante e prova a inarcarsi, facendo una smorfia di sofferenza.
Rustichello, appena sveglio, ha subito controllato la tela di sacco in cui tiene avvolte le sue carte: la paura è sempre quella che qualche topo provi a rosicchiare le pagine e che la traccia di tutto ciò che sta sentendo da Marco sparisca per sempre. Ma anche questa volta tutto è a posto: i topi devono avere la stessa allergia ai libri che dimostra il capo-carceriere…
Anche Marco è sveglio; si sta stropicciando gli occhi con gli indici piegati, per riprendere confidenza con la luce. Gli altri prigionieri li guardano: sanno che presto riprenderà il racconto e che altre meraviglie inaspettate andranno a sommarsi alle migliaia già ascoltate, magari fino a totalizzare quel milione che Marco ha promesso all’inizio. Essi, gli altri prigionieri, sono stati i testimoni silenziosi di tutti quei giorni di narrazione e di scrittura: sono sempre più intimiditi da quell’uomo che ha viaggiato tanto e da quell’altro che è capace di trasformare le parole in segni misteriosi tracciati sulla carta.