«Se assomiglia al padre, deve essere per lo meno un tipo agitato», commenta il toscano.
Marco ride:
«Sentirai se non è agitata! Dunque, il suo nome, Aigiaruc, significa “lucente luna”. Ci si immagina perciò una dolce fanciulla, tutta presa dal ricamo e dai sogni d’amore. Esattamente il contrario! Era una ragazza così forte fisicamente, che non si trovava un maschio della sua età in grado di batterla: uno dopo l’altro, tutti i nobili suoi coetanei l’avevano sfidata e lei li aveva vinti tutti!»
«Alla larga!», esclama spontaneamente Rustichello che non è certo un colosso.
«Mica tanto», gli ricorda Marco. «Restava il fatto che era una principessa e chi fosse riuscito a sposarla avrebbe avuto un futuro di ricchezza e, chi sa, forse anche di felicità. È vero che lei andava dicendo che, fino a quando non avesse trovato un uomo capace di vincerla, non avrebbe preso marito, ma ciò vale assai poco tra i Tartari, presso cui la volontà delle donne è davvero poco considerata: gli uomini possono sposare chi vogliono; le donne vengono invece date in sposa dal padre a chi sembra meglio a lui. Questa Aigiaruc, però, non aveva soltanto forza fisica: aveva una volontà di ferro e tanto fece e tanto disse, che convinse re Caidu a firmarle un documento in cui si impegnava a rispettare la volontà di lei circa il futuro sposo».
«Pepata, la ragazza!»
«Aspetta di sentire il resto… Dunque, ottenuta questa carta, Aigiaruc fece in modo che si sapesse in tutti i regni vicini che avrebbe appunto sposato quel giovane che si fosse dimostrato capace di vincerla in una gara di forza. Ovviamente, poiché la principessa, come ho detto, costituiva un ottimo partito, arrivarono un po’ da tutte le parti dei pretendenti disposti alla prova. Ogni volta Caidu si sedeva sul trono, circondato dai suoi consiglieri, e assisteva allo scontro tra la propria figlia e il giovane che aveva accettato la sfida: il patto era che, se l’uomo avesse perso,avrebbe pagato come indennizzo cento cavalli. Ebbene, in poco tempo, Aigiaruc vinse niente meno che diecimila di questi destrieri!»