«Ahi, ahi!», commenta Rustichello, a cui il principe è subito risultato simpatico.
«Qui però Acomat commise un errore fatale».
«Evviva!», esclama il toscano.
«Sì», sorride Marco. «Prima non ho detto che l’usurpatore amava in modo esagerato le belle donne. Non che sia strano, ma per lui era una vera ossessione. Il fatto di aver capeggiato l’esercito e di essere stato lontano dalla corte e dalle sue concubine per diversi giorni lo spinse a ritornare alla capitale al più presto. Ordinò perciò a un suo generale di sorvegliare attentamente Argon e di condurlo insieme all’esercito vittorioso verso la capitale, facendo brevi tappe per non stancare i soldati. Lui, invece, su dei carri veloci, corse dalle sue donne».
«Credo di immaginarmi quello che stai per raccontare…», azzarda Rustichello.
«Ah sì? Sentiamo un po’!», si diverte Marco.
«Beh, lasciare solo Argon con i suoi antichi nobili è stata un’imprudenza fatale, non è vero?»
«Ci hai azzeccato, amico!», concede volentieri il veneziano.
«Andò proprio così: un barone anziano,di nome Boga,che era stato al servizio di Abaga e che aveva visto Argon da ragazzo, ora che il principe era incatenato, fu preso dagli scrupoli. Parlò con gli altri nobili e sostenne che stavano facendo tutti un terribile errore. Come potevano tradire in questo modo la memoria di quel grande re?