La porta ferrata si apriva a intervalli di tempo regolari, adesso, e le guardie che entravano portavano, insieme a un po’ più di cibo, anche carta, inchiostro e penne di ricambio. Quando Rustichello aveva per la prima volta chiesto altra carta, il carceriere lo aveva guardato con diffidenza:
«Che cosa vuoi farne?» Doveva essere analfabeta e senz’altro aveva poca dimestichezza con la carta.
«Io e il mio amico Marco Polo abbiamo deciso di scrivere un libro».
«Un che?»
«Un libro. Sai, quelle storie che poi si leggono… Tu sai certamente leggere, non è vero?»
L’altro non aveva risposto per un momento, mentre gli si vedeva in viso lo sforzo che stava compiendo per pensare.
«Devo chiedere a Sua Eccellenza».
«Quello che è venuto qui qualche giorno fa?»
«Quello, sì. È lui che comanda qua dentro».
Rustichello aveva sorriso, ricordando la preoccupazione che il grand’uomo aveva manifestato all’idea di contrariare la moglie:
«Digli che Rustichello da Pisa, insieme a Marco dei Polo di Venezia, vuole scrivere un’opera che interesserà molto le signore,… e anche i signori, si capisce!»
L’altro se n’era andato, sbattendo come sempre la porta ferrata. Ma, da quel momento, carta, inchiostro e penne nuove non sono più mancati.