Non volevo perdermi nulla. Credimi: le prime due notti in mare, diretti verso la Terra Santa, non riuscii a dormire, tanta era l’emozione!»
«Vengono i brividi persino a me, soltanto ad ascoltarti. Ecco qui! Una macchia sul foglio! Lo sapevo che, ad agitarmi, sarebbe successo, accidenti! Ma non importa: continua!»
«Arrivammo a San Giovanni d’Acri e chiedemmo di essere ricevuti da Tebaldo da Piacenza. Io, si capisce, lo vedevo per la prima volta ed ero impressionato dal senso di maestà che ispirava. Pensavo che incontrare un Papa non sarebbe di sicuro stato diverso. Zio Matteo chiese il permesso di andare a Gerusalemme, a prelevare un poco d’olio sacro dal Santo Sepolcro, e gli fu concesso facilmente. Così ebbi l’occasione di inginocchiarmi dove Nostro Signore era stato sepolto. Vidi tutta la folla di pellegrini che arrivavano da ogni angolo della Cristianità. Mi dicevo che questa era soltanto la prima di un milione di meraviglie che mi aspettavano lungo la strada e una volta arrivati a destinazione…»
«E non avevi paura di un viaggio simile?»
«E perché mai? Avevamo la piastra d’oro del Gran Khan e questa si era rivelata efficacissima. Avevo poi due accompagnatori esperti e prudenti, come mio padre e mio zio. Credi tu che il mio papà mi avrebbe portato con sé quando fosse stato meno che sicuro di non dover affrontare pericoli eccessivi? Sì, pericoli, ce n’erano: le tempeste, i fiumi, i deserti. Ma la prudenza li aveva guidati una volta e, ora che erano ancora più esperti, li avrebbe a maggior ragione guidati una seconda volta, non ti pare?»
«A me pare che uno, viaggiatore, ci nasca. I tuoi sono bei ragionamenti, Marco, e, visto che sei qui, significa che erano anche ragionamenti azzeccati. Ma, torno a dire, quanti altri si sarebbero cacciati tra i tartari con la tua stessa fiducia?»
Marco scuote la testa. Non è seccato ma ci tiene a chiarire:
«Tu dici “cacciati tra i tartari” come se dicessi “cacciati tra le belve”. Io vorrei che capissi che quella è gente onesta, corretta, leale, come noi! Se non temessi di offenderti, direi: più di noi. I potenti hanno la generosità dei grandi; gli umili l’ospitalità spontanea e cordiale dei semplici, e si toglierebbero di bocca l’ultima manciata di riso, pur di avere qualcosa da offrire all’ospite! Credimi: ero più al sicuro in una yurta tartara che in certi palazzi di Venezia pieni di doppie uscite…»