Un giorno dopo l’altro, i fogli di carta che il carceriere fornisce ormai regolarmente a Rustichello si coprono della sua scrittura appuntita. Quell’uomo, il capo delle guardie, si avvicina ogni volta al toscano e lo guarda con un cenno interrogativo: il nobile che dirige la prigione deve avergli ordinato di informarsi sull’avanzamento del lavoro, e lui non fa altro che ubbidire, anche se è chiaro che non capisce che cosa vi sia poi di tanto importante in un mucchio di carte.
Rustichello si diverte a tenerlo un po’ sulla corda:
«Sì…,non è male… Procediamo…» e indica con il capo Marco che sta in disparte e si gode la scena. «È un lavoro lungo ma riferisci pure a sua eccellenza che, grazie alla Repubblica1, non si può dire che ci manchi il tempo…»
Il carceriere se ne va, grattandosi la testa, e lancia un’ultima occhiata a quei due che si sono di nuovo seduti uno vicino all’altro: uno parla e l’altro scrive. Che roba!
Rustichello sta infatti rileggendo l’ultimo foglio riempito in precedenza. Poi si volta a Marco e aspetta il seguito.
Il veneziano ricomincia a raccontare:
1 Repubblica: allude alla Repubblica di Genova che li tiene prigionieri.