Hanno molti figli, naturalmente, essendo tante le madri e, come avviene da noi, il maschio di età maggiore è il naturale erede del padre. La loro religione è molto semplice: pensano che esistano due dèi: uno superiore e uno che vive in terra, insieme agli uomini. Al primo chiedono soltanto la salute del corpo e della mente, e gli bruciano incenso per ingraziarselo. L’altro, invece, che si chiama Natigai, è il custode dei figli, degli animali domestici e dei raccolti. In ogni yurta c’è una statuetta che lo ritrae: è fatta di feltro e di stoffa, e
accanto ce ne sono altre più piccole che ritraggono sua moglie e i suoi figli. Quando si siedono a tavola per mangiare, i tartari prendono un pezzetto di carne grassa e con quello ungono la bocca del dio, della dea e dei loro figlioli: in questo modo gli rendono omaggio. Ma non si limitano a questo: uno di loro si alza con una ciotola piena di brodo e ne sparge il contenuto fuori dalla porta, sempre come offerta ma questa volta a tutti gli altri spiriti che abitano la prateria. Soltanto dopo questo rito, che si ripete a ogni pasto, si può incominciare a mangiare e a bere».
Rustichello sta annuendo mentre finisce di scrivere:
«Sì, questo lo capisco. Anche i nostri uomini versano un poco di vino in terra, nelle osterie, prima di berne il primo bicchiere25.
E come sono vestiti?».
«I ricchi hanno abiti davvero splendidi: d’estate tuniche intessute di oro e di seta; d’inverno pellicce di ermellino, di zibellino, di volpe, di scoiattolo che, da loro, è un animale più grande dei nostri. In battaglia, vestono armature fatte con il cuoio di bufalo che è resistentissimo, ma a volte questo cuoio è stato in precedenza bollito e allora diventa davvero imperforabile.
25 il primo bicchiere: Rustichello fa riferimento a un uso già vivo presso i Romani e che si è conservato per secoli, sparendo quasi del tutto nei nostri Paesi soltanto verso la metà del Novecento.