L’opera non ebbe inizialmente un particolare successo: sembrava rivolta ai tecnici delle macchine termiche che però trovavano nella teoria solo la conferma di ciò che mettevano in pratica. L’opera fu poi ripresa da che tradusse in forma matematica i concetti ivi espressi e introdusse la rappresentazione sul piano PV del ciclo di Carnot come è attualmente conosciuto. Così il pensiero di Carnot fu conosciuto dal mondo scientifico e nella seconda metà dell’800 (lord Kelvin) e lo ripresero gettando le basi della termodinamica classica. Émile Clapeyron William Thomson Rudolf Clausius Fig. 5.1 Dall’opera di Carnot: a ) frontespizio; b) “La potenza motrice del calore è indipendente dagli agenti utilizzati per realizzarla; la sua quantità è determinata unicamente dalle temperature dei corpi tra i quali si fa in ultima istanza il trasporto del calorico.” Op. cit. p. 38. Carnot per spiegare gli scambi termici utilizzò la teoria del calorico, accettata ai suoi tempi, ricorrendo all’analogia dell’acqua che, cadendo da una cascata, produce lavoro tramite una turbina: quindi non realizzò che parte del calore veniva trasformato in lavoro. Nonostante ciò il suo pensiero mantiene integra la sua validità ed esprime i nuclei fondanti del secondo principio della termodinamica. Pur prendendo lo spunto dal funzionamento delle macchine termiche, il secondo principio e la funzione di stato che lo caratterizza (l’entropia), hanno carattere universale e interessano una molteplicità di fenomeni fisici, chimici, biologici, astronomici, ma anche immateriali, come la creazione di informazione.