Il PVC trova anche largo impiego nell’imballaggio, anche alimentare, purché soddisfi a certi requisiti in relazione alla presenza di monomero residuo ed al contenuto di additivi. La pericolosità del monomero, la difficoltà nello smaltimento dei manufatti per la presenza del cloro sono argomenti che hanno spinto i produttori europei di PVC a formare un comitato volontario, , per sviluppare la sostenibilità ambientale della produzione e smaltimento del PVC. In quest’ambito, all’inizio degli anni 2000 è entrato in marcia a Ferrara un impianto di riciclo del PVC secondo il processo Vinyloop di Solvay. Da qualsiasi manufatto contenente PVC si recupera il polimero per dissoluzione in un solvente, da cui poi si recupera per precipitazione con opportuni additivi. Il solvente viene riciclato. Il polimero di riciclo (R-PVC) può essere utilizzato in tubazioni flessibili per irrigazione, per membrane e fogli impermeabilizzanti, come impregnante per tessuti impermeabili, per produrre oggetti per stampaggio ad iniezione, ecc. Oltre a Vinyloop, sono stati sviluppati altri processi per il riciclo o lo smaltimento del PVC. Vinylplus Processo Vinyloop per il riciclo del PVC 8.5 POLIMERI PER LE ALTE TEMPERATURE Sono materiali nati inizialmente per soddisfare le esigenze di settori industriali ad alto contenuto tecnologico, quali le industrie aerospaziali ed elettroniche, sempre alla ricerca di materiali con specifiche proprietà applicative ed in generale che possedessero elevate proprietà meccaniche anche a temperature non basse, unite a densità notevolmente inferiori rispetto ai materiali metallici. Man mano che tali materiali si affermano, trovano anche un sempre più ampio uso nell’industria automobilistica, in cui la riduzione delle masse resta sempre un fattore chiave per la riduzione dei consumi, e nell’industria chimica. Tali materiali rientrano nella categoria dei termoplastici ad alte prestazioni e mediamente si intende che debbano mantenere delle buone proprietà meccaniche al di sopra di 150 °C. Sono tutti polimeri di policondensazione ottenuti da monomeri a struttura prevalentemente aromatica, per la richiesta stabilità alle alte temperature. In base ai gruppi funzionali presenti si hanno polisolfoni (PSU), polieteresolfoni (PES), polietereimidi (PEI) e poliimmidi (PI), polifenilene solfuro (PPS) e i poliarileterechetoni (polietereeterechetoni, PEEK e polieterechetoni, PEK). Oltre ai termoplastici, per fibre ad alte prestazioni si utilizzano i PEEK, il PPS e le poliarammidi (PARA), quest’ultime descritte nel Vol. II (§ 13.10.2). Spesso, per ottenere materiali a prestazioni ancora più elevate, si ricorre all’accoppiamento con fibre, ottenendo così dei materiali compositi (v. § 13.9 Vol. II). Inoltre, poiché la struttura aromatica è sensibile alle radiazioni UV, per applicazioni in esterno vengono solitamente caricati con nerofumo, il che risolve il problema. Tra tali materiali si può anche includere il politetrafluoroetilene (PTFE) per la sua resistenza alla temperatura e per la sua inerzia chimica anche se non possiede elevate proprietà meccaniche. Il volumi produttivi sono piccoli e i prezzi di vendita generalmente elevati. È un settore in continua evoluzione, sempre alla ricerca del miglioramento delle prestazioni e della facilità d’uso, dato che i termoplastici amorfi si lavorano mediamente a 130 ÷ 150 °C al di sopra di Tg e i cristallini a 30 ÷ 50 °C al di sopra della temperatura di fusione. Quindi non è insolito che alcuni di questi materiali vengano superati da altri ed escano dalla produzione. 8.5.1 Polisolfoni (PSU) e polieteresolfoni (PES, PESU) Sono polimeri che contengono il gruppo solfone (–SO2–). Tra questi, quelli principalmente utilizzati sono i PES, per cui le due sigle identificano in pratica la stessa classe di polimeri. Sono in genere dei polimeri amorfi.