Prova 3 Delusione 5 10 15 20 25 30 35 La seconda volta che la incontrai mi riuscì di conversare un po meglio con lei, chiacchierammo molto amichevolmente ed io seppi qualcosa della sua vita. Potei anche riaccompagnarla a casa, e fu come un sogno per me ripercorrere con lei la stessa strada, attraverso le vie silenziose. Le dissi che avevo pensato spesso a quel ritorno a casa, e mi ero augurato di poterlo ripetere. Lei rise divertita e mi fece qualche domanda. E alla fine, poiché ero in vena di confessioni, la guardai e dissi: Sono tornato a Monaco soltanto per lei, signorina Maria . Subito temetti che ciò fosse troppo ardito, e fui colto dall imbarazzo. Ma lei non replicò nulla, mi guardò soltanto, calma e un po curiosa. Dopo un po mi disse: Giovedì un mio collega darà una festa nel suo atelier1. Vuol venire anche lei? Allora passi a prendermi alle otto . Eravamo davanti a casa sua. Io ringraziai e la salutai. Così ero stato invitato a una festa da Maria. Una grande gioia si impadronì di me. Senza ripromettermi troppo da quella festa, tuttavia per me era un pensiero straordinariamente dolce che lei mi avesse chiesto di andarci, e che io le fossi debitore di qualcosa. Pensai a come ringraziarla, e decisi di portarle giovedì un bel mazzo di fiori. Quando fu giovedì e venne la sera, mi vestii, comprai un grande mazzo di rose rosse e mi recai in carrozza da Maria. Lei scese subito, la aiutai a salire in vettura e le diedi i fiori, ma lei era nervosa e imbarazzata, come ben notai nonostante il mio stesso imbarazzo. La lasciai tranquilla, e mi piacque vederla nell eccitazione e nella febbre gioiosa di una fanciulla prima di una festa. La carrozza si fermò davanti a un caseggiato alto e spoglio, di cui dovemmo attraversare ingresso e cortile. Poi, sul retro della casa, salimmo scale interminabili sino a che, nel corridoio più alto, ci proruppe incontro un torrente di luce e di voci. Deponemmo i mantelli in una stanza dove su un letto di ferro e due ceste già erano coperti di cappotti e cappelli, ed entrammo nell atelier, molto illuminato e molto pieno di gente. Conoscevo di sfuggita due o tre persone, ma le altre mi erano sconosciute, compreso il padrone di casa. A questo Maria mi presentò, aggiungendo: Un mio amico. Potevo portarlo, nevvero? La cosa mi spaventò un poco, perché credevo che lei avesse preannunciato la mia venuta. Ma il pittore mi diede la mano senza scomporsi e disse indifferente: Sta bene . Poiché nessuno si curava di noi, procurai per Maria e per me un po di cibo, che mangiammo indisturbati su un basso tavolino da disegno, in compagnia di un uomo gioviale dalla barba rossa, che né lei né io conoscevamo ma che ci faceva cenni allegri e incoraggianti. Il padrone di casa guardava indifferente quella compagnia ilare e un po rumorosa, 1. atelier: laboratorio di un artista. testi letterari 17