54 s Classe seconda PROVE INVALSI COMPLESSIVE Prova 1 parte prima TESTO A Ero magro, giravo per i monti 5 10 15 20 25 30 35 Ero magro, giravo per i monti, allontanandomi dal villaggio. Crescevo arrampicandomi sulle rocce. Conoscevo gli appigli, le asperità che accolgono appena una falange e che insegnano a distribuire il peso del corpo su minime sporgenze. Non facevo lega con i ragazzi del villaggio, crescevo sapendo che non sarei andato in miniera. Preferivo i precipizi ai cunicoli. A volte, sospeso sopra uno strapiombo, sentivo sassi cadere sfiorandomi. Nel vento veniva una musica a onde che faceva vibrare il mio corpo teso come una vela. Qualcuno mi osservava da una scalfittura dell abisso. Seguendo la sua musica salivo più svelto alla cima. Venivano stranieri a visitare le nostre montagne. Provavano sentieri nuovi per salire le cime, tentavano con funi e chiodi una via nelle pareti. Volevano che io andassi con loro con una fune attorno alla vita a insegnare un percorso. Ma scappavo lontano, non ero un cane da stare legato a una corda. Andavo su senza lacci, poi riscendevo per la stessa strada. Quello che sapevo fare in salita, ripetevo in discesa. Una parete di roccia va carezzata a pelo e a contropelo in discesa, quando gli appoggi dovevo cercarli in basso tra le gambe. A volte andavo su di notte per non farmi guardare dai loro cannocchiali. Mi bastava la luna, mi affidavo più ai polpastrelli che agli occhi. Ero muto, dalla mia gola non veniva fuori nessuna canzone, ma nelle orecchie suonava una sfrenata danza di nozze quando, sotto uno strapiombo di un tetto, la mano frugava cieca l appiglio dell uscita, aldilà dell ostacolo spiovente. Allora, se era buono, lasciavo il corpo a dondolare sopra il verde del vuoto, con gli abeti lontani e le chiazze dei pascoli nel fondovalle. Avevo dita dure da reggere due corpi, avevo le dita del nonno. Una volta precipitai, persi la presa e sentii il corpo serrarsi dentro un guscio. Venni giù chiuso come una noce. Sotto di me un ghiaione abbagliante mi accolse nel suo pendio, facendomi rotolare lungo le sue rapide. Non misi le mani a protezione della caduta, nel volo le strinsi sotto le ascelle perché solo quelle ossa non volevo rompermi. Tutto quello che mi ruppi fu il naso, sbattendo la faccia contro l ultimo sasso. A volte le montagne si scrollano di dosso le formiche. A volte il vento prova da solo a spingere nel vuoto e soffia, gonfia i panni e fa venire voglia di fare un tuffo nella sua carezza. In valle si formavano le prime guide per accompagnare i forestieri sui monti. Un muto era poco adatto. Così seguii un circo passato per il villaggio e imparai i numeri di destrezza degli acrobati. Anch io mi guadagnai da vivere offrendo il rischio di cadere, saltando da una corda all altra, eseguendo voli per un pubblico povero sotto tendoni rattoppati. Dal legno si ricavano due polveri: la segatura o la cenere. I circhi odorano di segatura. L ho avuta in bocca molte volte cadendo da un appiglio mancato, da una presa viscida. Volteggiavo su un pubblico seduto, ma se precipitavo si alzavano di scatto secondo una misteriosa legge di contrappeso: al mio tonfo al suolo corrispondeva il loro levarsi in piedi. Seguiva la concitazione del soccorso e nelle case di ognuno potevo immaginare il racconto dell accaduto, la sorpresa di aver assistito a un caso singolare. Lo spettacolo di un circo deve essere generoso di rischi.