Il colloquio di Ulisse e Penelope 157 quasi prodigiosa per un vecchio, sferrò un pugno tale al pezzente da mandarlo a rotolare gambe all aria sul pavimento, fra le risate generali. «Ti ha spaccato il grugno, ben ti sta, cialtrone! , gli urlavano i Proci. «Così, d ora in avanti, non ti chiameremo più Iro Naso rosso, ma Iro Naso rotto . E intanto Iro, in un accesso di orgoglio, continuava a minacciare l eroe: «Io gli vompo il collo a qvello là , balbettava con la lingua ferita che gli si arrotolava fra i pochi denti rimasti. «Ma se non riesci nemmeno ad alzarti in piedi, balordo! , gli ribattevano i principi. Poi Ulisse lo sollevò e lo trascinò fuori della sala: «Qui non c è più posto per te , gli disse, «e un altra volta pensaci bene, prima di fare lo spaccone . Allora, i Proci presero il cosciotto di manzo e glielo misero davanti. Gli diedero anche un anfora di vino e una pagnotta bianca, appena sfornata: «Ogni promessa è un debito, vecchio: mangia e buon pro , gli disse Antinoo. Ulisse ringraziò umilmente e cominciò a divorare con gusto il suo cosciotto, mentre Iro, che sentiva il profumo e non poteva mangiarne, si lamentava nel cortile, imprecando contro l eroe. I doni di nozze Penelope scendeva di rado nella sala dei banchetti e solo nelle occasioni speciali o per ricevere ospiti di riguardo. Di solito preferiva restare chiusa nelle sue stanze, a tessere la tela e a chiacchierare con le sue ancelle. Lì, almeno, era al sicuro dalle attenzioni dei Proci e dalle loro prepotenze. Meglio vivere in solitudine pensava la regina , piuttosto che vedere ogni giorno quei giovanotti svergognati rimpinzarsi a spese del re, maltrattare i suoi servi e schernire Telemaco per il suo amore filiale. Eppure, nonostante la sua vita da reclusa,