Il colloquio di Ulisse e Penelope 161 giovane si rivolgeva loro con tale fermezza: «Guarda guarda, il principino che alza la cresta! , pensò ciascuno in cuor suo. Ma nessuno di loro ebbe il coraggio di aprir bocca e rispondergli per le rime. Anche Anfinomo, il più suscettibile dei principi, lì per lì avrebbe voluto replicargli, ma poi ci ripensò e si morse la lingua: «Più tardi, dopo le nozze di tua madre, faremo i conti , disse fra sé. Poi si rivolse a Telemaco con falsa cortesia: «Quello che dici è giusto, figlio di Ulisse: qui tu sei il padrone e noi siamo gli ospiti. E voi, cari amici, datemi retta: torniamo alle nostre case in buon ordine. Domani ci ritroveremo qui, come sempre, per conoscere il verdetto della regina . Quando, fra un mugugno e l altro, anche l ultimo dei principi fu uscito dalla sala, Ulisse chiamò Telemaco con un cenno e gli ordinò di staccare le armi appese ai muri. «Perché, padre? . «E me lo chiedi? Domani, quando verrà il momento della nostra vendetta, i Proci potrebbero usarle per difendersi, no! . «Va bene, ma loro si insospettiranno vedendo che le ho staccate e mi chiederanno il motivo . «E tu gli dirai che erano sporche e che le hai tolte per farle ripulire , rispose l eroe. «Su, sbrighiamoci, prima che arrivi qualcuno! . Così, approfittando dell assenza dei servi, padre e figlio si misero all opera, staccarono le armi dalle pareti e le nascosero in un ampio ripostiglio. Sei tu! Le ancelle avevano portato via anche gli ultimi rimasugli della cena. Ripulita e riordinata a dovere, ora la sala aveva assunto un altro aspetto: sembrava più grande, e anche un po misteriosa con quelle luci rossastre che si sprigionavano dalle fiaccole riflettendosi sul pavimento appena lavato e sui muri.