56 VERSO ITACA lancate per divorarlo in un boccone. Nel frattempo la dea, che non era rimasta sorda alle sue preghiere, incatenò i venti più maligni. Così, un poco alla volta, anche il mare divenne docile e Ulisse poté nuotare tranquillamente sino a riva. Ormai non pioveva più. Le nuvole che sino a poco prima spadroneggiavano in cielo ora battevano in ritirata lasciando il posto al sole e all azzurro. Ulisse si inginocchiò sulla spiaggetta e rese grazie agli dèi per lo scampato pericolo. Dopo di che si tolse il velo prodigioso e lo gettò in mare senza voltarsi indietro, come gli aveva chiesto Leucotea. «E anche questa è fatta! , sospirò l eroe accasciandosi sulla sabbia bianca che cominciava già a scaldarsi sotto i raggi del sole. Si alzò in piedi, e con le poche forze rimastegli riuscì a raggiungere il boschetto che sorgeva proprio dietro alla spiaggia. Dopo tanti giorni trascorsi in mare, nella baraonda della tempesta, quel luogo tranquillo e riparato gli sembrava un paradiso. Adocchiò un grosso cespuglio che sorgeva sotto un ulivo, non lontano da un ruscello, e vi si stese, non trascurando di coprirsi bene con un mucchio di foglie per ripararsi dal freddo. «Dormi, povero Ulisse , gli mormorava Atena versandogli il sonno sugli occhi, «qui sei al sicuro, sta tranquillo. Nessuno potrà farti del male . Così l eroe si addormentò, protetto dalla dea invisibile, sognando la sua Itaca lontana e il volto della sua cara sposa, Penelope, che da tanti anni non rivedeva più. Il piano di Atena L isola dove Ulisse era naufragato si chiamava Scheria ed era sacra niente meno che a Poseidone. Alcinoo, il re di quella terra, era un nipote di parte paterna del dio, anche se per fortuna non ne aveva ereditato il caratteraccio, che dava sempre un sacco di grattacapi a Zeus e si attirava l antipatia di quasi tutti gli dèi olimpici, specie di Atena. Quanto il nonno