Le festività a Roma La parola festività deriva da (festa) per indicare una gioia pubblica; anche il termine significa assenza dal lavoro per celebrare gli dei. A Roma e nei territori conquistati si celebravano frequenti feste pubbliche a carico dello Stato o private. Venivano chiamate , se ricorrevano in una data fissa del calendario; , annuali, ma a cadenza variabile; , organizzate dalle autorità solo in casi eccezionali, in ricorrenze importanti quali vittorie militari. festum feriae Stativae Conceptivae Imperativae La loro coincidenza avveniva con momenti particolari del ciclo agrario o astronomico, secondo antiche consuetudini. A inizio anno si celebravano Giano, protettore delle porte della città, e Marte con gli ; le erano propiziatrici per una buona semina. A febbraio si organizzavano i per invocare il dio della fertilità; il nome deriva da , appellativo di Fauno, dio delle greggi. Era un rito di origine pastorale, legato alla protezione contro i lupi e celebrato dai , membri di un collegio sacerdotale. Agonalia Sementivae Lupercalia Lupercus Luperci Le feste più sfrenate erano i , in onore del dio Bacco, che hanno origine dal culto greco di Dioniso, riservate a soli iniziati, con grande consumo di vino, balli, canti e riti propiziatori per i raccolti. Si svolgevano dall'11 al 13 marzo. Spesso i Bacchanali erano il momento propizio per commettere delitti, perché le grida, gli assembramenti, il suono degli strumenti occultavano i crimini. Avevano talora anche un risvolto politico, in quanto gli iniziati potevano progettare una rivolta contro il Senato. A causa del carattere licenzioso e talvolta anche criminale, questi riti subirono una riforma, che vietava ogni tipo di violenza. Molti adepti vennero processati e i loro beni confiscati. Bacchanalia Testa di Cerere. Alma Tadema, La festa della vendemmia.