Cure estetiche

Ultimata l’acconciatura, la donna si affidava alle ancelle affinché
le cospargessero le guance di crema bianca (alba cerussa), le evidenziassero gli occhi, sfumando le palpebre con ombretti e annerissero le ciglia con fuliggine. Anche le labbra assumevano un colore
rosso con l’applicazione di pomate ricavate dal mosto di uva. I profumi, molto apprezzati, erano conservati in preziose ampolle (ampullae); piacevano quelli di gusto orientale prodotti con mirra, spezie, incenso… Ricette (praecepta) dettagliate servivano alla preparazione di creme e di unguenti contro l’invecchiamento e prevedevano ingredienti costosi e difficili da reperire, come farina di corno caduco di cervo. Molto più semplici erano i costumi delle donne romane durante la monarchia e nei primi tempi repubblicani.

Flavia Giulia, figlia dell’imperatore Tito.
Flavia Giulia, figlia dell’imperatore Tito.

Per lui: barba e capelli

D’altronde anche per gli uomini si possono distinguere vari periodi per quanto riguarda l’uso di radersi e di tagliarsi i capelli: fino al III secolo a. C. i Romani portavano generalmente barba e capelli lunghi, poi si affermò l’abitudine di affidarsi alle cure del barbiere. I giovanissimi si lasciavano crescere la peluria, dopodiché andavano dal tonsore e il taglio diventava motivo di grande festa. Non si curava l’aspetto chi era in lutto o doveva presentarsi in tribunale per un processo; i filosofi si lasciavano crescere la barba come segno distintivo. Anche gli uomini amavano “farsi belli”: non rinunciavano ad arricciare i capelli con il ferro, trascorrevano ore dal barbiere che usava creme e unguenti profumati
(unguenta). Nel periodo imperiale molti erano coloro che volevano ritornare agli antichi costumi (antiqui mores) e invitavano alla moderazione, ma erano inascoltati dai più.

Una giovane versa del profumo in un alabastro, Museo Nazionale Romano.
Una giovane versa del profumo in un alabastro, Museo Nazionale Romano.