Predoni e pirati I predoni: in pasto alle belve I Romani non perdonavano i predoni ( ) e i pirati ( ) e, quando riuscivano a catturarli, erano severissimi con condanne a una morte atroce; li davano in pasto alle bestie ( ) o li crocifiggevano o li torturavano fino a farli morire. Si poteva diventare banditi per diversi motivi. I militari scontenti del bottino di una carriera mortificata, esperti nell’uso delle armi, avevano un carisma e riuscivano a riunire un manipolo di sbandati e a spingerli in imprese delittuose. Vi erano anche coloro che avevano un’indole eversiva e cercavano, con imprese di banditismo ben organizzate, di destabilizzare i governi locali. Altre volte era la povertà a spingere gli schiavi a liberarsi dalla miseria e a cercare una vita senza catene. latrones piratae damnatio ad bestias Gneo Pompeo Magno. Busto di marmo del I secolo a.C. Museo della civiltà romana, Roma Dove vivevano I briganti vivevano in luoghi impervi, tra rupi e grotte, con rifugi disseminati in tutte le province romane, soprattutto in luoghi lontani dai centri abitati e terrorizzavano i viandanti, i mercanti, costretti a viaggiare in carovane. Allo scopo di prevenire azioni criminali, venivano costruiti, nei luoghi più a rischio, punti di guardia fortificati. I predoni non si limitavano a rubare e saccheggiare, ma sequestravano persone facoltose per poi chiedere il riscatto alla famiglia. , Museo del Bardo, Tunisia. Damnatio ad bestias La lotta contro i pirati Nel I secolo a.C., la pirateria era un problema molto grave perché i pirati, organizzati in vere flotte in Asia Minore, in Cilicia e a Creta, aggredivano convogli di navi onerarie nel Mediterraneo e vendevano i passeggeri come schiavi. Danneggiavano quindi gli interessi dei cavalieri e dei ricchi mercanti, che traevano enormi profitti dai traffici con l’Oriente, e anche della plebe, perché molte delle navi depredate trasportavano verso Roma grano e generi di prima necessità. Il Senato nel 67 a. C. affidò un comando speciale per la lotta contro i pirati a Gneo Pompeo (106-48 a.C.), che, grazie a una potente flotta di 500 navi e a un esercito ben armato, costituito da 120.000 soldati e 5.000 cavalieri, riuscì a stroncare l’attività di pirateria. Vennero così riaperte le rotte del Mediterraneo. n Damnatio ad bestias, Museo del Bardo, Tunisia. I predoni non si limitavano a rubare e saccheggiare, ma sequestravano persone facoltose per poi chiedere il riscatto alla famiglia. La lotta contro i pirati Nel I secolo a.C., la pirateria era un problema molto grave perché i pirati, organizzati in vere flotte in Asia Minore, in Cilicia e a Creta, aggredivano convogli di navi onerarie nel Mediterraneo e vendevano i passeggeri come schiavi. Danneggiavano quindi gli interessi dei cavalieri e dei ricchi mercanti, che traevano enormi profitti dai traffici con l’Oriente, e anche della plebe, perché molte delle navi depredate trasportavano verso Roma grano e generi di prima necessità. Il Senato nel 67 a. C. affidò un comando speciale per la lotta contro i pirati a Gneo Pompeo (106-48 a.C.), che, grazie a una potente flotta di 500 navi e a un esercito ben armato, costituito da 120.000 soldati e 5.000 cavalieri, riuscì a stroncare l’attività di pirateria. Vennero così riaperte le rotte del Mediterraneo.