Unità 19 Colpo di scena in tribunale ■ La quarta declinazione ■ Le particolarità della quarta declinazione ■ Il complemento di abbondanza e di privazione L’arrogante soldato mi carica dei suoi bagagli e si reca in una piccola città, presso il suo superiore che ha il comando di mille uomini armati. Mi affida a un decurione e in quel posto vengo a conoscenza di un delitto abominevole; racconto come si sono svolti i fatti per soddisfare la curiosità dei miei lettori. In una ricca casa viveva un vedovo, padre di un ragazzo ventenne, bello, istruito dai migliori pedagoghi, di nome Palamede. Il padre era passato a nuove nozze e la moglie aveva messo al mondo un altro figlio, ormai dodicenne. La matrona, molto affascinante, si era invaghita del giovane e con mille arti seduttive cercava di farlo innamorare di lei. Ma il ragazzo rifiutò le profferte amorose. La donna, vendicativa, ordì un abominevole piano omicida: ordinò al suo schiavo di comprare del veleno e lo ricompensò con un sacchetto di monete d’oro con tanto di sigillo. Il servo portò a termine l’incarico e il veleno venne versato in una coppa destinata al giovane. Ma il Fato talvolta gioca brutti scherzi: per puro caso il ragazzino più giovane, il figlio naturale di quella donna terribile, tornò accaldato, prese il bicchiere, bevve la pozione e subito cadde a terra morto. Palamede venne incolpato dell’omicidio dalla matrigna e, accusato di gelosia, fu portato subito in tribunale; l’araldo proclamò che i magistrati dovevano riunirsi nella curia. Si fa avanti il primo accusatore, poi l’accusato, e sono fatti entrare gli avvocati. Viene sentito lo schiavo, il quale accusa Palamede dell’omicidio. I magistrati stanno per votare e mettere nell’urna di bronzo il sacchetto contenente la sentenza. La sorte del giovane sembra ormai nelle mani del boia. Ma ecco che uno dei magistrati, un medico affermato, chiude l’urna con la mano, si alza e dice: “Fermatevi! Ho venduto allo schiavo non del veleno, ma la radice della mandragola, un’erba che procura un sonno simile alla morte. Correte al sepolcro, liberate il ragazzino. È la donna la mandante del piano diabolico e lo schiavo il suo esecutore. Ho qui la prova inconfutabile della loro colpevolezza: è il sacchetto di monete d’oro con il sigillo ancora integro”. Subito si corre al sepolcro del ragazzino che si sta svegliando e il padre, prima disperato perché credeva di aver perso due figli, il più grande condannato a morte, piange di gioia e la vicenda si conclude con la condanna dello schiavo e della donna malvagia.