Superstizioni, gesti scaramantici, malocchio Numerosissime erano inoltre le superstizioni: bisognava varcare la soglia di casa con il piede destro; evitare il cane nero o la serpe caduta dal tetto, olio, vino, sale, acqua rovesciati in terra; sperare che il gallo non cantasse durante un banchetto. In molti villaggi d’Italia era vietato alle donne passare con il fuso in mano: ciò avrebbe compromesso ogni raccolto. Solo certi gesti di scongiuro potevano annullare la sfortuna che sarebbe derivata da tali fatti. Anche i sogni erano messaggi inviati dalla divinità e dovevano essere interpretati; il malocchio ( ) si esercitava attraverso la parola o lo sguardo e, secondo una prassi diffusa nel mondo greco, veniva tenuto lontano con amuleti e formule magiche. Molto frequenti erano le maledizioni dirette a chi avesse procurato un danno (testimoni in tribunale, rivali in amore, mercanti che avessero provocato il fallimento di un concorrente... ) e avvenivano in questo modo: in una lamina di piombo era scritto a chiare lettere il nome della persona odiata, con formule di maledizioni misteriose, ad esempio BESCU, BEREBESCU, ARURARA, e con incisione di immagini funebri (un demone, una falce, un mostro, una barca che attraversa le acque dell’oltretomba). fascinatio Particolare nella Villa dei Misteri, Pompei. Sono state trovate lamine con consacrazione agli dei infernali di parti del corpo e invocazioni alla malattia e alla morte del maledetto. La lamina veniva gettata in una tomba, o in un pozzo, o in una sorgente di acqua calda. Contro una donna si legge: «Cacciatele fiere febbri in tutte le membra! Distruggetele, o dei infernali, l’anima e il cuore! Strangolatele la gola!» Tali pratiche erano diffuse perlopiù fra gente ignorante, come si deduce dai documenti, scritti con un linguaggio spesso sgrammaticato. Molte di queste superstizioni sono passate attraverso il tempo: si pensi alla stregoneria, fino al secolo XVIII esercitata con rituali simili a quelli del mondo romano. Fattucchiera con cappello di paglia. Casa dei Dioscuri, Pompei.