CAPITOLO XXIV D on Diego Alcozèr, il giorno dopo le nozze del Coppa con Stellina, vide per istrada Pepè Alletto, e lo chiamò a sé. Mentre il giovanotto, torbido in volto e come svanito, gli s avvicinava, egli spalmò1 una mano, appoggiò il pollice su la punta del naso e si provò ad agitar per aria le altre quattro dita tremule: - Tanto di naso2, don Pepè! Mannaggia la prescia!3 - Non mi seccate, vecchiaccio stolido!4 - proruppe Pepè, scrollandosi tutto con rabbioso dispetto. Ma don Diego lo trattenne per un braccio. - Eh via, non siate furioso: venite qua... Io, voi e il nostro ex-suocero dobbiamo anzi consolarci a vicenda, oramai. Venite a casa mia: Marcantonio verrà più tardi; e questa sera stessa, se non vi dispiace, intavoleremo una partitina di calabresella5... Ci terremo compagnia... Pepè, chiuso nel funebre cordoglio, si lasciò andar taciturno dietro l Alcozèr che, tentennando su le deboli gambette a ogni passo, sogghignava sotto il naso e si volgeva di tanto in tanto a sbirciare l aspirante suo erede sconfitto. - Scusate se rido, don Pepè! Nella vita c è da piangere e c è da ridere. Ma io son vecchio e non ho più tempo di fare tutt e due le cose. Preferisco ridere. Del resto, piangete 1 spalmò: aprì. 2 Tanto di naso: allude alla dolorosa sorpresa provata da don Pepè in occasione del matrimonio del cognato con Stellina. 3 prescia: fretta. 4 stolido: sciocco. 5 calabresella: o terziglio, gioco di carte che si gioca in tre. 157