CAPITOLO XXIX Da quel giorno cominciò per Pepè una nuova vita di indicibili angustie1. Andava ogni mattina allo studio con l animo sospeso, nella più angosciosa incertezza, dopo aver meditato tutta la notte per comprendere, o intravedere almeno, che cosa in fondo Ciro volesse da lui. Ciro passeggiava per lo scrittojo, davanti al tavolino. - L ortografia... Mi raccomando. Jeri mi hai scritto prestigio con due g. Di tanto in tanto si fermava, e Pepè, curvo e intento a ricopiare, sentendo fissi su lui gli occhi del Coppa, domandava a se stesso: «Perché mi guarda così? . Certi altri giorni Ciro non passeggiava: se ne stava col volto nascosto, affondato tra le braccia conserte su la scrivania. Pepè allora levava gli occhi a osservarlo. «Che ha? Uhm! Talvolta, non riuscendo a comprendere qualche parola della bozza da ricopiare, si vedeva costretto a chiamarlo, e lo faceva piano. Ciro non rispondeva. «Dorme? si domandava Pepè, e lo chiamava di nuovo, soggiungendo: - Ti senti male? - No. Mi lavoro dentro2, - mormorava cupamente Ciro, senza levar la testa. Pepè allungava la faccia a quella risposta enigmatica, Ci ripensava un tratto, poi si stringeva nelle spalle, lasciava in bianco la parola indecifrabile e si rimetteva a copiare. 1 angustie: ansie. 2 Mi lavoro dentro: è, appunto, una fase della lotta contro la bestia . 179