IL GIUDIZIO DEL FERRO ROVENTE Béroul Dio le ha infuso coraggio. I perfidi baroni non desistono dai loro infami propositi; ora vogliono persuadere re Marco a sottoporre Isotta al giudizio di Dio. La regina dovrà stringere fra le mani un ferro arroventato: se ella è davvero innocente come sostiene, il calore non la scotterà. Marco va su tutte le furie, insulta i suoi baroni e rifiuta con sdegno la loro proposta. Isotta, però, venuta a sapere ogni cosa, decide spontaneamente di sottoporsi alla prova, a patto che tutto si svolga alla presenza di re Artù e dei suoi cavalieri. Nel frattempo ella invia un messaggero a Tristano, che vive clandestinamente a Tintagel, e lo prega di recarsi travestito da pellegrino nel luogo stabilito per il giudizio. Naturalmente egli accorre all’appello di lei. Viene il giorno designato per la prova del fuoco: Isotta, accompagnata da alcuni cavalieri, attraversa il fiume su una barca, poi, non volendo sporcarsi le vesti, chiede alla scorta di trovare qualcuno che l’aiuti. Seduto sulla riva del fiume, c’è Tristano sotto le spoglie del pellegrino; un cavaliere lo invita a prendere in braccio la regina e a trasportarla sulla terra ferma. Tristano non se lo fa ripetere, solleva Isotta fra le sue braccia e la porta a riva; la regina avanza poi in mezzo ai baroni, giunge vicino al braciere e afferra con le mani il ferro rovente, dopo avere giurato che nessuno, eccetto il re Marco e il pellegrino che l’ha trasportata sulla sponda del fiume, l’aveva mai presa fra le sue braccia. Così, grazie a quest’astuzia, Isotta supera incolume il giudizio di Dio, tra l’entusiasmo di tutti i presenti.