Primo Levi UN DISCEPOLO Un solo racconto non può assolutamente sintetizzare la disumanità dei campi di sterminio nazisti, ma Primo Levi, che ha vissuto in prima persona la tragedia della deportazione, esprime qui uno dei suoi più profondi messaggi: accanto alla crudeltà e nonostante ogni tentativo scientifico compiuto da esseri umani per rendere altri esseri umani nient altro che cose, i valori fondamentali della vita possono sopravvivere, se ci si aiuta reciprocamente al di là delle differenze di nazionalità, lingua, religione, cultura. Per farlo, a volte è necessario rivedere e magari rovesciare persino i comandamenti divini e le leggi terrene; mentire e rubare possono essere, in un mondo disumano, affermazioni di verità e di onestà. Primo Levi (Torino 1919 -1986) occupa un posto fondamentale nella letteratura del secondo Novecento. Letti in tutto il mondo sono Se questo è un uomo (1947), racconto dell esperienza nel lager di Auschwitz, e il seguito La tregua (1963). Sempre legati alla riflessione sulla dignità dell uomo negli orrori della guerra sono I sommersi e i salvati (1986), e il romanzo Se non ora, quando? (1982), nonché molti dei racconti compresi nelle raccolte Il sistema periodico (1975), Lilìt (1981). Levi tuttavia non trattò solo quella sua drammatica esperienza. Le contraddizioni della moderna società industriale ed i suoi estremi sviluppi, fino a storie fantascientifiche, in cui però i problemi fondamentali della vita umana non sono scomparsi, emergono nei racconti di Storie naturali (1967), Vizio di forma (1971), La chiave a stella (1978), nonché nelle poesie Ad ora incerta (1984). da PRIMO LEVI, Lilìt e altri racconti, Torino, Einaudi, 1981 347