UN PICCOLO SCHERZO un limpido mezzogiorno d inverno Il freddo è duro, scricchiolante, e a Nàdenka, che mi tiene sotto braccio, i riccioli delle tempie e la peluria al di sopra del labbro superiore si coprono di una brina color dell argento. Siamo in piedi su una piccola collina. Partendo dai nostri piedi fino in fondo si stende un lungo piano inclinato su cui si riflette il sole come in uno specchio. Vicino a noi, vi sono delle piccole slitte rivestite da una stoffa color rosso vivo. Ebbene, Nadezda Petrovna, scivoliamo di sotto! , le chiedo io. Soltanto una volta. Vi giuro che resteremo tutti e due sani e salvi . Però Nàdenka ha paura. Tutto il tratto che corre dalle sue piccole soprascarpe fino al termine del piano inclinato e ghiacciato le sembra un burrone terribile, profondo in modo incolmabile. Sente mancarle il fiato e smette di respirare, quando si sporge a guardare in basso, o quando le propongo anche soltanto di salire sulla slitta. Cosa, poi, potrebbe accadere, se avesse la temerarietà di volare giù nel burrone! Di sicuro morirebbe, diventerebbe pazza. Ve ne prego! , dico io. Non dovete aver paura! Cercate di capire: questa sembra paura, sembra viltà! Nàdenka, alla fine, si arrende e io posso vedere sul suo viso che acconsente pur essendo convinta di rischiare la vita. Allora la faccio sedere nella slitta, pallida, scossa da un tremito, le circondo la vita con un braccio e insieme a lei mi getto nel precipizio. 81