DJO MANE Il 21 maggio 18 , rientravamo a Tlemcen1. La spedizione era stata fortunata: riportavamo buoi, pecore, dromedari, prigionieri e ostaggi. Dopo trentasette giorni di campagna2 o, piuttosto, di caccia incessante, i nostri cavalli erano magri, sfiancati, ma avevano ancora l occhio vivo e pieno di fuoco; neppure uno aveva scorticature o piaghe sotto la sella. I nostri uomini, abbronzati dal sole, i capelli lunghi, i cinturoni sporchi, le divise logore, mostravano quell aria di noncuranza del pericolo e della miseria che caratterizza il vero soldato. Per lanciarsi in una bella carica, quale generale non avrebbe preferito i nostri cacciatori3, ai più pimpanti cavalleggeri equipaggiati di tutto punto? Fin dal mattino, avevo pregustato con il pensiero tutte le piccole felicità che mi aspettavano. Come avrei dormito nella mia solida branda di ferro, dopo essermi sdraiato per trentasette notti su un rettangolo di tela cerata! Avrei cenato seduto su una vera sedia! Avrei avuto pane tenero e sale a volontà! Poi mi domandavo se la signorina Concha avrebbe avuto un fiore di melograno o di gelsomino nei capelli, e se avrebbe 1 Tlemcen: località a circa 100 km a sud-ovest di Orano, in Algeria. Tra il 1864 e il 69, le truppe coloniali francesi dovettero affrontare una ribellione in quell area e Tlemcen era sede di una guarnigione. 2 campagna: operazioni militari. 3 cacciatori: il termine designa un corpo speciale, nato proprio in Francia, di soldati a cavallo, dotati di armi leggere e quindi capaci di grande mobilità. Il termine cavalleggeri è equivalente. 299