James Joyce EVELINE Eveline ha diciannove anni e vive un presente di quieta desolazione. ormai senza madre, la presenza del padre la opprime, le sorelle se ne sono andate, un fratello è morto e l altro è lontano, il lavoro è insoddisfacente: la sua esistenza è grigia, soffocata dalla banalità del quotidiano. Soltanto nel futuro ci sarebbe una possibilità di realizzarsi. Un giovane marinaio che la ama le ha proposto di partire con lui per andare a vivere insieme in una metropoli al di là dell Atlantico. Tuttavia la ragazza esita: manca il consenso del padre, e lei si sente in colpa a lasciarlo solo nella vecchiaia; poi, oltre alle costrizioni affettive, la bloccano la forza delle abitudini, l assuefazione all ambiente, la difficoltà del cambiamento. Oserà o avrà troppa paura dell ignoto e della libertà stessa? Riuscirà ad allontanarsi per sempre dalla casa paterna, seguendo l innamorato, o non fuggirà, perché il legame con il padre è più forte dei suoi desideri e il distacco da tutto lacerante e impossibile? Nell ultima parte del racconto si rivelerà la sua drammatica scelta. James Joyce (Dublino,1882 - Zurigo, 1941), lasciata la sua odiosamata città natale nel 1904, visse a Trieste (dove conobbe Italo Svevo), a Zurigo e a Parigi. Le sue opere, tra le maggiori della letteratura contemporanea, riflettono una costante tensione autobiografica e una vena sperimentale che lo portò progressivamente a rivoluzionare la struttura della narrativa tradizionale: dal particolare tipo di naturalismo dei racconti Gente di Dublino (1914) alle prime accentuazioni del flusso di coscienza di Dedalus (1917), dal monologo interiore con commistione di diversi livelli linguistici e lessicali dell Ulisse (1922) alla dilagante simbologia e alla confusione delle lingue dell incompiuto La veglia di Finnegan (1939), denso di rinvii al mondo dell inconscio e della mitologia. da J. Joyce, Gente di Dublino, Milano, Garzanti, 1992, trad. it. di M. Papi. 193