S E S TA ANA M I T T SE LUOGHI Quand ero bambina, a Chimel L autrice cui venne assegnato il premio Nobel per la pace nel 1992 rievoca i luoghi e i tempi della sua giovinezza, che rivisitati alla luce della memoria aumentano il loro naturale fascino e assumono un carattere favoloso. Sullo sfondo di un minuscolo villaggio del centroamerica circondato da una natura rigogliosa e incontaminata, la bambina di allora trascorre la sua infanzia come tutti i bambini del mondo dovrebbero poter fare: con ingenuità, con qualche piccola malizia, ma soprattutto con la mente serena e il cuore pieno di affetti. Ricordo perfettamente la casa di quando ero bambina a Chimel. Era una casa di legno, con un tettuccio di paglia. A me piaceva guardare fuori attraverso le fessure del legno. Potevo vedere, allora, i verdi campi di granoturco, che il vento faceva dondolare come i bei capelli verdi e lunghi di una donna nel fiume. Potevo anche vedere la cassetta dei conigli, che si mangiavano la loro erba come se fossero uomini di lettere, con gli occhialini tondi, che stanno leggendo un libro ad alta voce. In lontananza, come una voluta di fumo 1, vedevo la serpentina del fiume srotolarsi tra le case del villaggio. Nei giorni limpidi , potevo vedere i monti, lontani e alti. Anche il cielo e le nubi. E le strade. La strada cicciona di Chimel e la strada magrolina di Laj Chimel. Io e mio fratello Patrocinio eravamo sempre in giro insieme. Debbo confessare che eravamo un tantino monelli. La mamma ci diceva: «Non mangiate le more E di nascosto, ce ne andavamo a raccogliere more. Ci portavamo dietro un pezzo di zucchero di canna, ancora intero. Lo zucchero intero si chiama panela. 1. voluta di fumo: sbuffo di fumo a forma di spirale. 85 I TA L I A N O I PAESAGGI DEL CUORE