s Classe seconda 68 testi letterari Prova 1 Ulisse, il gufetto 5 10 15 20 25 30 35 40 Mi misi in tasca lo sdegnato gufetto e me lo portai a casa, dove lo presentai con una certa trepidazione alla famiglia. Con mia grande sorpresa, fu accolto bene e senza riserve, e nessuno trovò da ridire che me lo tenessi. Prese dimora in un cestino nel mio studio, e dopo molte discussioni fu battezzato Ulisse. Dimostrò fin dal principio di essere un uccello dotato di grande forza di carattere, e da non prendere sottogamba. Benché fosse così piccolo da stare comodamente in una tazza da tè, non aveva paura di niente e senza esitare aggrediva tutto e tutti, per quanto grandi fossero. Visto che dovevamo vivere nella stessa stanza, mi parve una buona idea che lui e Roger entrassero in confidenza, così, non appena il gufo si fu sistemato, feci le presentazioni mettendo Ulisse sul pavimento e dicendo a Roger di avvicinarsi e di fare amicizia. Roger ormai subiva con filosofia questo continuo dover fare amicizia con le varie bestiole che io adottavo, e accettò senza obiezioni la comparsa di un gufo. Dimenando vivacemente la coda e con aria accattivante, si avvicinò a Ulisse, che si acquattò sul pavimento con un espressione tutt altro che amichevole sulla faccia. Osservava l approssimarsi di Roger con un inesorabile sguardo di ferocia. L avanzata di Roger si fece meno sicura. Ulisse continuava a fissare il cane come se cercasse di ipnotizzarlo. Roger si fermò, con le orecchie penzoloni, muovendo la coda appena appena, e mi guardò come per chiedermi consiglio. Dopo averci pensato su un momentino, decise di tentare l approccio allegro e giocherellone. Si sdraiò a pancia sotto, si mise la testa tra le zampe e scivolò pian piano verso il gufo, uggiolando gentilmente e dimenando la coda con abbandono. Ulisse continuò a starsene là come se fosse imbalsamato. Roger, sempre avanzando sulla pancia, riuscì ad arrivargli proprio vicino, ma a quel punto fece un errore fatale. Spinse avanti la faccia pelosa e tutto interessato fiutò rumorosamente il gufo. Ora, Ulisse tollerava un mucchio di cose, ma non era disposto a farsi fiutare da un cane grosso come una montagna e coperto di ricci neri. Decise che quella sgarbata bestia priva di ali si meritava una lezione. Abbassò le palpebre, sbatté il becco, balzò in aria e atterrò sul muso del cane conficcando nel suo naso nero gli artigli taglienti come rasoi. Roger, con un guaito di dolore, scrollò via l uccello e si rifugiò sotto il tavolo; e nessuna lusinga riuscì a stanarlo fino a che Ulisse non fu al sicuro nel suo cesto. Quando Ulisse diventò più grande, visto che oramai era troppo grande per starsene in un cesto, e si opponeva violentemente all idea di una gabbia, fui costretto a mettere a sua disposizione lo studio. Faceva i suoi esercizi di volo tra il tavolo e la maniglia della porta, e non appena divenne padrone di quell arte, scelse come dimora la mantovana sopra la finestra e passava le sue giornate dormendo lassù, con gli occhi chiusi, del tutto simile a un ceppo d olivo. Quando il sole tramontava, Ulisse si svegliava. Sbadigliava delicatamente, tendeva le ali, si puliva la coda, e poi rabbrividiva con tanta violenza che tutte le sue penne si arruffavano come i petali di un crisantemo. Essendosi così preparato al lavoro notturno, emetteva un chiùu? di prova per assicurarsi che la sua voce fosse in forma, e poi con le ali morbide spiccava il volo per vagare intorno alla stanza, silenzioso come un